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Harry Potter 7.2: dov'č finita la magia?
Di Matteo @ 22/07/2011 - in Recensioni - Commenti (0)
È finita. Dopo dieci anni e otto film la saga di Harry Potter si conclude anche al cinema. Ahimé, non nel migliore dei modi. Anzi.
Difficile valutare un film che è, in sostanza, un lungo secondo tempo. La trama va avanti di poco, la battaglia finale spadroneggia, i riflettori sono puntati tutti sul rendezvous tra Harry (Daniel Radcliffe) e Voldemort (Ralph Fiennes).
Ma quest'ultimo episodio non fa nulla per scostarsi dalla china calante imboccata negli ultimi tre episodi. Ne è, anzi, una specie di coronamento al contrario. Il film che più di tutti dovrebbe emozionare e legarci per sempre alla saga, proprio quel film ci lascia distaccati e quasi annoiati.
Il problema numero uno è David Yates, il regista. Ancora una volta ci regala un Harry Potter senza nessun guizzo, capace di svuotare le scene che nei romanzi erano le più toccanti. Gradito alla Warner Bros, è in realtà un mediocre mestierante che si limita a trasporre parole e situazioni senza fare scintille, incapace di creare quel sense of wonder caratteristico dei primi quattro film potteriani.
A proposito di sense of wonder: sembra che gli autori non sappiano bene che strada prendere. Da una parte si vorrebbe dare la sensazione che il magico sia ormai stato interiorizzato, dall'altra però si vorrebbe continuare a stupire. Il risultato di questa incertezza è una sottile goffaggine, un continuo traballare che si trasmette anche agli interpreti (che rimangono comunque, salvo Radcliffe, molto validi).
Quale altro aspetto non ha funzionato? Nei libri il quarto episodio è un traghetto tra l'infanzia e l'adolescenza che impone toni più dark alla saga. Yates non è stato in grado di gestire questo passaggio. Non è sufficiente virare la tavolozza dei colori a tonalità più buie, e invece sembra proprio questa l'unica cosa che il regista sia stato in grado di fare. Una fotografia che esaspera i colori più cupi e appesantisce la visione.
Una bocciatura senza appello: Harry Potter e i doni della morte - Parte II è un insipido esercizio di prevedibili stilemi hollywoodiani. Se un minimo di appeal esiste, è dovuto al magnifico materiale di partenza targato J.K. Rowling.
E forse proprio questo ci fa pensare che un giorno potremo sì dimenticarci dei film su Harry Potter, ma non di Harry Potter.
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